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Le prime definizioni di privacy

Con questo articolo inizieremo ad analizzare l’evoluzione delle definizioni di privacy, esaminando le prime concezioni del concetto e tracciando la loro trasformazione fino alle definizioni più attuali. In particolare, si esplora il percorso intrapreso dal concetto di tutela della privacy nel contesto tecnologico e digitale. Attraverso una revisione esaustiva delle fonti, vedremo come la comprensione di privacy si sia evoluta nel corso del tempo, evidenziando i contributi chiave che hanno plasmato la definizione moderna del termine.

Definizioni iniziali di Privacy

La concezione moderna del termine privacy ha inizio nel XVIII secolo con il concetto di “diritto all’isolamento” proposto da Samuel Warren e Louis Brandeis nel loro celebre articolo del 1890, “The Right to Privacy.” In questa prospettiva, la privacy veniva intesa come il diritto di essere lasciati soli, senza interferenze indesiderate da parte di terzi.

L’influente articolo di Louis Brandeis e Samuel Warren, “The Right to Privacy“, fu pubblicato sulla Harvard Law Review nel 1890. Questo articolo è considerato una pietra miliare nello sviluppo della legge sulla privacy negli Stati Uniti e ha avuto un impatto duraturo sul diritto legale e dulla comprensione del diritto alla privacy.

Brandeis e Warren hanno scritto l’articolo per analizzare i rapidi progressi della tecnologia e la crescente intrusione nella vita privata delle persone. Sostenevano che la legge avrebbe dovuto riconoscere e proteggere il diritto dell’individuo a essere lasciato solo e a godere della solitudine senza interferenze ingiustificate.

Nel “The Right to Privacy” furono approfonditi i seguenti concetti:

  • Il concetto di privacy come diritto:

Brandeis e Warren hanno articolato l’idea che il diritto alla privacy è un diritto fondamentale inerente al concetto di libertà. Sostenevano che gli individui dovrebbero avere la libertà di controllare le proprie informazioni personali ed essere protetti da intrusioni ingiustificate.

  • Protezione contro pettegolezzi e sensazionalismo:

Gli autori hanno espresso preoccupazione per l’emergente giornalismo scandalistico e il sensazionalismo, che stavano invadendo la vita privata degli individui per l’intrattenimento pubblico. Hanno sottolineato la necessità di tutele legali contro la pubblicazione di dettagli privati, spesso osceni, sulla vita delle persone senza il loro consenso.

  • Tecnologia e invasione della privacy:

L’articolo discuteva di come i progressi tecnologici, in particolare nel campo della fotografia e del giornalismo, stessero contribuendo all’erosione della privacy. Gli autori prospettavano il potenziale danno derivante dall’abuso e sostenevano l’adozione di misure legali per frenare l’uso improprio della tecnologia nella violazione della privacy degli individui.

  • Diritto di essere lasciati soli:

Una frase su cui focalizzarsi dell’articolo è “il diritto di essere lasciati soli” –  “the right to be let alone“. Tale affermazione racchiude l’essenza della loro tesi: gli individui hanno il diritto di essere liberi da intrusioni indesiderate nei loro affari privati e nel loro spazio personale.

Nel breve periodo l’articolo non ha creato un’immediata rivoluzione giuridica, ma è stato fondamentale perché ha gettato le basi per lo sviluppo della legge sulla privacy negli Stati Uniti.

Nel corso del tempo, i principi delineati da Brandeis e Warren hanno influenzato le decisioni dei tribunali e le dottrine legali relative al diritto alla privacy. Ancora oggi le affermazioni presenti in “The Right to Privacy” sono considerate rilevanti nelle discussioni contemporanee sulla privacy digitale, sulla sorveglianza e sulle sfide poste dall’avanzamento delle tecnologie.

Dott.ssa Luana Fierro

Note

per visionare l’articolo “The Right to Privacy” aprire il seguente link: https://www.jstor.org/stable/1321160?seq=1

Più diffusamente sulla privacy nell’UE cliccare sul seguente link: https://digital-strategy.ec.europa.eu/it

Più diffusamente sul diritto dell’Unione Europea analizzato in questo sito v. https://www.webcomparativelaw.eu/law-of-the-european-union-2/

 

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privacy law

Data breach e viaggiatori. Colpito un colosso del turismo

Il settore alberghiero è tra quelli maggiormente esposti al rischio di data breach in quanto tratta grandi quantità di dati personali, che gli ospiti non possono fare a meno di fornire se intendono soggiornare all’interno di determinate strutture.

 

E’ pertanto necessario che tutte le strutture del settore recettivo, che trattano i dati personali dei viaggiatori, adottino tutte le misure necessarie a garantire la tutela e la protezione di tali dati.

In tutti i casi è indispensabile che chi gestisce i dati personali all’interno di questo settore, così come in altri settori delicati, li conservi utilizzando strumenti adeguati, e consideri che da piccole mancanze potrebbero derivare pesanti sanzioni imposte dai vari Garanti operanti negli Stati in cui operano, ma anche richieste di risarcimento proposte dai soggetti vittime delle perdite, delle sottrazioni e delle diffusioni dei dati.

Il 30 novembre è stato reso noto quello che è stato definito da molti il più grande data breach del settore del turismo, ma anche della storia. Trattasi di un incidente che ha coinvolto Marriott International, colosso del turismo statunitense, composto da 30 brand e più di 6.700 proprietà in 130 Paesi e territori.

Un attacco hacker ha colpito il database delle prenotazioni della catena di alberghi, la quale tramite una nota ha spiegato che un dispositivo di sicurezza interno ha segnalato un tentativo di accesso al database Marriott.

Nello specifico, c’è stato un tentativo di accesso non autorizzato al database, che conteneva i dati degli ospiti che hanno effettuato prenotazioni presso le strutture di Starwood l’8 settembre 2018 e forse in precedenza, probabilmente a partire dal 2014.

Al fine di rimediare all’accaduto, il Gruppo ha dichiarato di aver adottato misure per indagare sull’accaduto e per occuparsi dell’incidente. In primis Marriott ha richiesto l’intervento degli esperti di sicurezza incaricati affinché potessero indagare sull’accaduto e comprendere le dinamiche che avevano portato all’accesso non autorizzato, i quali hanno scoperto che una parte non autorizzata aveva copiato e cifrato le informazioni, e poi adottato misure per eliminarle.

Il 19 novembre 2018, Marriott è stato in grado di decifrare le informazioni ed ha determinato che i contenuti provenivano dal database per le prenotazioni degli ospiti di Starwood.

Dalle dichiarazioni rese dal Gruppo Marriott emerge che il quantitativo di dati “trafugati” è enorme.  Sono i dati di circa 383 milioni di ospiti ad essere stati sottratti, anche se questo non significa che siano stati coinvolti 383 milioni di ospiti unici, perché in alcuni casi sembrerebbero essere presenti più record per lo stesso ospite.

Dalle stime e dalle rilevazioni effettuate dagli esperti, è stato inoltre possibile rilevare che molto probabilmente i dati coinvolti nell’incidente comprendevano circa 8,6 milioni di numeri di carte di pagamento unici, tutti crittografati; circa 5,2 milioni di numeri di passaporto unici non crittografati e circa 20,3 milioni di numeri di passaporti crittografati.

Per circa 327 milioni di ospiti potrebbero essere state sottratti dati sensibili quali: nome, indirizzo postale, numero di telefono, indirizzo e-mail, numero di passaporto, informazioni sull’account Starwood Preferred Guest (“SPG”), data di nascita, sesso, dati sull’arrivo e sulla partenza, data di prenotazione e preferenze di comunicazione.

Relativamente ai mezzi di pagamento, i dati attaccati e copiati sono stati sia i numeri delle carte di credito che le date di scadenza delle stesse. Solo che i numeri delle carte erano stati cifrati usando l’Advanced Encryption Standard (AES-128); e sarebbero stati necessari due componenti per decifrare i numeri delle carte stesse. Fino ad ora, però, dalle dichiarazioni rese da Marriott non è stato possibile dedurre se è possibile escludere che entrambi siano stati scoperti.

Al fine di porre rimedio all’accaduto, Marriott si è inoltre attivato per garantire ai titolari dei dati la possibilità di avere risposte tramite un sito Web dedicato e un call center (https://answers.kroll.com/); ha contattato via email tutti i clienti rimasti vittima del data breach ed ha offerto loro un servizio gratuito di monitoraggio contro il furto di identità.

Non dimentichiamo però che il primo attacco risale al 2014, ed il suo rilevamento cade nel 2018, quindi molti potrebbero essere già stati vittima di truffe, attacchi di phishing o furto di identità.

La data del 2014 è importante anche dal punto di vista giuridico, per il quale molteplici sarebbero le situazioni da analizzare. Bisogna considerare che la nuova normativa europea in materia di trattamento dati personali (Regolamento UE 2016/679 detto GDPR) non era ancora in vigore, mentre alla data in cui è stato scoperta l’intrusione lo era. Potrebbero esserci casi regolamentati dalla precedente normativa e casi ricadenti sotto il GDPR? Bisognerebbe approfondire! Ma non è questa la sede opportuna!

In questo momento la violazione dei dati di Marriott è sotto inchiesta in diversi paesi, e le autorità locali di ciascun paese sono interessate a partecipare come “autorità di vigilanza” nel quadro cooperativo del GDPR.

Le Autorità per la protezione dei dati personali dei vari Stati interessati dovranno accertare se nei confronti del Gruppo potranno essere applicate sanzioni, considerando che la sanzione più stretta potrebbe ammontare al 4% del fatturato (così come prevede il GDPR). Nel contempo non si esclude che molti clienti possano intraprendere azioni legali contro la società e richiedere un risarcimento che renderebbe il costo della violazione ancora più elevato.

È chiaro che al fine di evitare che si verifichino situazioni di questo tipo, prima di tutto bisogna fare il possibile per prevenire i data breach; possibilmente rendere tutti i processi in atto compliance al GDPR se si opera nello spazio UE, quindi ridurre il più possibile i rischi per gli utenti. Solo le strutture che agiscono nel modo giusto possono far sentire tutelati i loro ospiti, ed evitare di trovarsi ad affrontare situazioni così onerose e complesse (il rischio di incorrere nelle sanzioni amministrative e penali previste dalle normative degli Stati interessati; ed infine affrontare le richieste di risarcimento danni che possono inoltrare tutti gli interessati).

 

Luana Fierro
Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia e dell’ambiente
Cultore della materia per il settore del diritto privato comparato, e per diritto dello sport
Fondatore del sito www.webcomparativelaw.eu

(il seguente articolo è stato pubblicato sul seguente sito: https://www.touristapp.info/data-breach-e-viaggiatori-colpito-un-colosso-del-turismo/?fbclid=IwAR1u39V0cx9Z3sG9pT54qcZ9Wv_5yBqiWPdGGvpxraU1PRw5zI6lyum5mLI )

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privacy law

I diritti dell’interessato nel GDPR

I diritti dell'interessato nel GDPR
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Il Reg. (UE) 2016/679 prevede molteplici diritti a favore dell’interessato: diritto alla portabilità dei dati, diritto alla cancellazione, diritto alla limitazione del trattamento, diritto di opporsi ad alcuni trattamenti fondati su alcune specifiche basi di legittimità

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Ruoli e responsabilità nel Reg. UE 2016/679 GDPR

REGULATION (EU) N. 536/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
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In queste slide andiamo ad analizzare tutte le figure previste dal Reg. UE 2016/679, gli obblighi ed i punti poco chiari.

REGOLAMENTO (UE) 2016/679 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 27 aprile 2016 ruota intorno ai seguenti ruoli: responsabile della protezione dei dati personali (DPO), titolare del trattamento, responsabile del trattamento. Andiamo a vedere in che modo devono relazionarsi tra loro.

Per consultare il testo normativo ufficiale entrare nel seguente link: https://commission.europa.eu/law/law-topic/data-protection/data-protection-eu_en