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Il caso Marbury v. Madison (1803) ha segnato una svolta cruciale nella storia del diritto costituzionale statunitense, introducendo il principio di judicial review. In questa controversia, la Corte Suprema, presieduta dal Chief Justice John Marshall, stabilì il potere del sistema giudiziario di dichiarare incostituzionali leggi o atti amministrativi incompatibili con la Costituzione. Questo caso pose la Costituzione come norma suprema e la Corte Suprema come arbitro finale della sua interpretazione.

La disputa originava dal mancato invio della notifica a William Marbury per la sua nomina a giudice di pace, formalizzata durante l’amministrazione del presidente uscente John Adams. Il nuovo segretario di Stato, James Madison, rifiutò di notificare la nomina, generando un ricorso alla Corte.

 

Marshall riconobbe che Marbury aveva diritto alla notifica della sua nomina, ma dichiarò incostituzionale la sezione del Judiciary Act del 1789 che attribuiva alla Corte Suprema la competenza a emettere ordini di tale natura. Questo ragionamento consentì alla Corte di consolidare la sua autorità senza entrare in conflitto diretto con l’amministrazione Jefferson (fonti: Massime dal Passato, Constitution Annotated).

Questa sentenza ha fondato il principio di gerarchia delle norme negli Stati Uniti: al vertice la Costituzione, seguita da leggi federali e statali subordinate. Essa ha rafforzato il ruolo della magistratura come garante dell’ordine costituzionale e ha influenzato profondamente l’evoluzione del sistema legale americano (fonti: Britannica, Legal Information Institute).

Vediamo ora i due testi normativi entrati in conflitto e che hanno costituito il cuore della decisione della Corte Suprema.

  1. La Costituzione degli Stati Uniti
    L’articolo III, sezione 2, della Costituzione stabilisce che la Corte Suprema ha competenza originale (cioè di primo grado) solo per determinate categorie di casi. Tali casi includono, ad esempio, controversie che coinvolgono ambasciatori, altri ministri pubblici, consoli, e quelle in cui uno Stato è parte. Per tutte le altre questioni, la Corte Suprema esercita giurisdizione d’appello, ovvero può intervenire solo dopo che un caso è stato deciso in tribunali inferiori (fonti: Cornell Law School e Constitution Annotated).
  2. Lo Judiciary Act del 1789
    La sezione 13 del Judiciary Act del 1789 conferiva alla Corte Suprema la facoltà di emettere ordini di mandamus (provvedimenti giudiziari per obbligare un funzionario pubblico ad adempiere un dovere legale) come parte della sua competenza originale. Questa disposizione consentiva quindi a persone come William Marbury di rivolgersi direttamente alla Corte Suprema per ottenere tali ordini (fonti: Britannica e Legal Information Institute).

Il conflitto

La Corte Suprema, presieduta dal Chief Justice Marshall, rilevò che la sezione 13 del Judiciary Act violava la Costituzione, poiché ampliava la giurisdizione originale della Corte oltre i limiti previsti dall’articolo III. Marshall dichiarò incostituzionale la sezione del Judiciary Act e stabilì il principio per cui, in caso di conflitto tra una legge ordinaria e la Costituzione, prevale quest’ultima.

Questa decisione ha confermato il ruolo della Corte Suprema come garante della supremazia costituzionale, gettando le basi per il principio della judicial review (fonti: Massime dal Passato, Constitution Annotated).

 

Note: più diffusamente sul common law v. https://www.webcomparativelaw.eu/category/common-law/

 

 

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Lo sviluppo della Comparazione giuridica ed il Congresso di Parigi

1.    Lo sviluppo della Comparazione giuridica – XIX secolo

Andiamo oggi ad analizzare lo sviluppo della Comparazione giuridica ed il ruolo del Congresso di Parigi.

Prima della diffusione della globalizzazione paesi storicamente affini si sono guardati ed osservati, poi culturalmente imparentati ed hanno scelto di seguire stadi di sviluppo economico-sociale simili.

Questo fenomeno ha favorito lo sviluppo e l’affermarsi della scienza della Comparazione, che si è sviluppata soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento.

Nel XIX secolo, lo sviluppo della comparazione giuridica acquisì rilevanza significativa, evidenziando una crescente consapevolezza dell’importanza di confrontare sistemi legali per comprendere le diversità e le similitudini. Durante questo periodo, giuristi come Gustav Hugo, Rudolf von Jhering e Henry Maine fornirono importanti contributi.

Hugo, nel suo lavoro “Le Droit des Gens” (1858), sottolineò l’importanza di un approccio scientifico nella comparazione giuridica. Jhering, con “Geist des römischen Rechts auf den verschiedenen Stufen seiner Entwicklung” (1852), approfondì l’influenza del diritto romano sulla formazione di sistemi giuridici moderni. Maine, attraverso “Ancient Law” (1861), analizzò l’evoluzione del diritto dalle società primitive a quelle più avanzate.

Inoltre, la proliferazione di riviste giuridiche specializzate, come la “Zeitschrift für Vergleichende Rechtswissenschaft” (Rivista di Scienze Giuridiche Comparative) fondata da Bernhard Windscheid nel 1877, facilitò la diffusione delle idee e delle metodologie della comparazione giuridica. L’approccio comparativo divenne essenziale per comprendere le differenze culturali e storiche nella prassi giuridica. Questo periodo segnò una svolta fondamentale nella metodologia giuridica, aprendo la strada a un’analisi più approfondita delle variazioni legali attraverso l’esame sistematico e comparato dei diversi ordinamenti.

 

2.    Il Congresso di Parigi del 1900

Arriviamo così ai primi del Novecento, quando in Europa si andava alla ricerca di tratti comuni dei sistemi, che potessero essere in grado di unificare la molteplicità delle culture nazionali.

In quel periodo il Congresso di diritto comparato di Parigi del 1900 rappresentò un “evento” chiave per la storia del diritto comparato, in quanto ufficializzò la scienza del diritto comparato in Europa, e realizzò l’aggregazione della cultura giuridica occidentale

Eravamo davanti ad un momento cruciale per lo sviluppo della disciplina. Il congresso attirò giuristi eminenti da tutto il mondo, fornendo una piattaforma per discutere approcci metodologici e questioni sostanziali nella comparazione giuridica. Emersero dibattiti sulla necessità di un approccio scientifico e universale nella disciplina. Tra gli interventi rilevanti, spiccarono quelli di Sir Henry Maine e Émile Durkheim. Maine enfatizzò l’importanza dell’evoluzione storica del diritto, mentre Durkheim contribuì con prospettive sociologiche. Questo congresso contribuì a consolidare la comparazione giuridica come disciplina accademica autonoma.

Il seguito è rappresentato da una fase in cui si cominciano ad esportare ed importare le esperienze giuridiche da un sistema ad un altro, a guardare con interesse gli altri modelli, ad attuare un processo di scambio a livello giuridico che portò l’attenzione sul metodo e sulle finalità del dir comparato.

Note:

  1. Maine, H. (1900). Discorso al Congresso di diritto comparato di Parigi. Atti del Congresso Internazionale di Diritto Comparato, Parigi.
  2. Durkheim, É. (1900). Contributo alla teoria sociologica del diritto. Atti del Congresso Internazionale di Diritto Comparato, Parigi.

 

3.      La Comparazione dopo il Congresso di Parigi

Il momento in cui il dir comparato acquistò maggiore importanza è quello in cui il dir internazionale privato cominciò ad imporsi come diritto fondamentale per la regolamentazione del traffico giuridico, e divenne una disciplina sistematica. Era necessario esaminare le problematiche connesse all’interpretazione dei concetti utilizzati dalle norme di conflitto nazionali, nonché l’applicazione corretta del diritto straniero che esse richiamavano, e gli interpreti non poterono che andare a guardare negli studi comparatistici.

Negli ultimi decenni del 1900 il dir comparato ha attirato nuova attenzione, quando è diventato necessario alla preparazione dei lavori destinati a sostenere l’armonizzazione del diritto a livello europeo e mondiale. Tra le iniziative più rilevanti degli ultimi decenni possiamo ricordare:

i Principles of International Commercial Contracts dell’Unidroit https://www.unidroit.org/

ed i Principles of European Contract Law.

In conclusione abbiamo visto come per lo sviluppo della Comparazione giuridica sia stato fondamentale il Congresso di Parigi, che ufficializzò la scienza del diritto comparato in Europa, e contribuì a consolidare la comparazione giuridica come disciplina accademica autonoma.

https://www.webcomparativelaw.eu/

 

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I formanti e la comparazione giuridica. Brevemente sui crittotipi.

Oggi vado ad approfondire la tematica del ruolo dei formanti nella comparazione giuridica, e brevemente ad analizzare la figura dei crittotipi, poco visibile ma fondamentale per le analisi comparatistiche.

Partiamo dal presupposto che prima di arrivare ad analizzare la fase centrale della comparazione sono necessarie: la conoscenza dei termini da comparare e la conoscenza del sistema delle fonti del diritto nei sistemi coinvolti.

Le attività della comparazione giuridica sono in se particolarmente complesse, perché nel momento in cui si va a valutare un fenomeno giuridico non è sufficiente soffermarsi al materiale legislativo, ma è necessario procedere allo studio di tutti i formanti: quindi legale, dottrinale e giurisprudenziale. Nel contempo bisogna conoscere il peso che questi formanti hanno nell’ordinamento coinvolto dalla comparazione.

Quindi i formanti nella comparazione giuridica rappresentano i vari elementi che costituiscono i sistemi giuridici e che ne permettono l’analisi comparata. Nella definizione fornita da Rodolfo Sacco, uno dei massimi esperti in tema di comparazione, i formanti sono i diversi fattori che influenzano la formazione del diritto in una determinata società.


 

Sacco identifica una pluralità di formanti, tra cui la legge, la giurisprudenza, la dottrina, e le pratiche sociali, ciascuno è fondamentale e determinante in misura variabile all’identificazione del diritto vigente in un dato contesto (Sacco, Rodolfo. “Legal Formants: A Dynamic Approach to Comparative Law (Installment I of II).” American Journal of Comparative Law, vol. 39, no. 1, 1991).

Il formante legale comprende le norme scritte emanate dai poteri legislativi.

Il formante giurisprudenziale è formato dalle decisioni dei tribunali, che interpretano e applicano le norme a casi specifici, contribuendo allo sviluppo del diritto.

Il formante dottrinale è rappresentato da studi e pubblicazioni di giuristi. Esso influisce sul diritto in quanto fornisce interpretazioni, critiche e proposte di riforma.

Le pratiche sociali, infine, includono gli usi e le consuetudini che, pur non essendo formalmente codificate, svolgono un ruolo importante in molti sistemi giuridici.

 


Quindi secondo Sacco, i formanti non sono solo le leggi scritte, ma includono anche la giurisprudenza, la dottrina, la prassi contrattuale e gli usi commerciali, che insieme formano il tessuto del diritto di una società. Questi elementi si influenzano reciprocamente e possono variare in importanza da un sistema all’altro. L’approccio di Sacco evidenzia la complessità e la dinamicità dei sistemi giuridici, sfidando la visione più tradizionale che vede il diritto principalmente come un insieme di norme scritte.

La sua teoria dei formanti sottolinea l’importanza dell’analisi comparativa per comprendere come da pratiche simili possano derivare da formanti diversi in sistemi giuridici differenti, o come pratiche diverse possano essere il risultato di evoluzioni divergenti dello stesso formante in sistemi giuridici simili.

Il suo approccio ha influenzato profondamente gli studi comparativi, promuovendo una maggiore apertura verso le diverse manifestazioni del diritto e contribuendo a una comprensione più olistica e profonda dei sistemi giuridici mondiali.

 


Altri autori come Zweigert e Kötz hanno sottolineato l’importanza della comparazione giuridica per la comprensione delle diverse famiglie giuridiche e per il miglioramento dell’integrazione giuridica internazionale (Zweigert, Konrad, and Hein Kötz. “Introduction to Comparative Law,” 3rd ed. Oxford: Clarendon Press, 1998). Attraverso l’analisi dei formanti, la comparazione giuridica offre quindi un quadro ricco e dettagliato dei sistemi giuridici, evidenziando sia le specificità culturali e storiche che le tendenze globali nel diritto.

Tornando al professor Rodolfo Sacco, egli aggiunge un argomento molto importante al fine dell’inquadramento completo della comparazione: i crittotipi! Con tale termine indica i formanti dell’ordinamento giuridico, sostanzialmente formule invisibili non verbalizzate che trasmigrano attraverso il pensiero dei giuristi o di coloro che sono chiamati ad applicare la regole.

I crittotipi nella comparazione giuridica rappresentano concetti chiave per comprendere le strutture profonde e le funzioni specifiche che caratterizzano e differenziano i vari sistemi giuridici. Questo termine, derivato dall’unione delle parole greche “kryptos” (nascosto) e “typos” (modello), è stato introdotto per evidenziare quelle strutture o meccanismi giuridici che, pur non essendo immediatamente evidenti, svolgono un ruolo fondamentale nel definire l’identità e il funzionamento di un sistema giuridico.

I crittotipi riguardano le strutture sottostanti che guidano l’interpretazione e l’applicazione del diritto, influenzando profondamente la cultura giuridica di una società senza essere immediatamente percepibili. Essi sono importanti per i comparatisti, in quanto consentono di scavare più a fondo nell’analisi dei sistemi giuridici, andare oltre la superficie delle norme scritte per esplorare le radici culturali, storiche e sociali che influenzano il diritto. Aiutano a capire come pratiche apparentemente simili possano derivare da presupposti molto diversi in sistemi giuridici differenti, o come istituti giuridici che sembrano omologhi abbiano in realtà funzioni e significati diversi a causa dei loro crittotipi.


Note: tutti gli articoli di comparazione confluiscono nella sezione: https://www.webcomparativelaw.eu/category/la-comparazione/

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Diritto di Internet e dell’Intelligenza Artificiale: definizioni

  • Introduzione

L’avvento dell’era digitale ha innescato una profonda rivoluzione nella prassi giuridica, con il diritto dell’Internet e dell’Intelligenza Artificiale (IA) emergenti come campi giuridici distinti. In questo articolo, esploreremo le definizioni e l’evoluzione di entrambi i settori, focalizzandoci sull’interconnessione tra il diritto dell’Internet e il diritto dell’IA.

  • Definizioni e Evoluzione del Diritto dell’Internet

Il Diritto dell’Internet è un corpus normativo che regola le relazioni giuridiche generate dall’utilizzo dell’Internet. Inizialmente, il suo sviluppo è stato caratterizzato dalla creazione di normative nazionali, atte a disciplinare le prime dinamiche interconnesse della rete. Fonti normative fondamentali in questa fase includono la legge statunitense Communications Decency Act (CDA) del 1996, la direttiva europea sulla privacy del 1995 e la legge italiana n. 675/1996 sulla protezione dei dati personali.

Con il crescente transnazionalismo delle attività online, si è assistito a un passaggio significativo verso una regolamentazione internazionale. Le Convenzioni del Consiglio d’Europa, in particolare la Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica del 2001, hanno introdotto un quadro normativo armonizzato per affrontare le sfide transfrontaliere legate alla sicurezza informatica e alla cybercriminalità. A livello dottrinale, le opere di Lawrence Lessig, come “Code and Other Laws of Cyberspace” (1999), hanno influenzato la comprensione del rapporto tra codice informatico e norme giuridiche, delineando il concetto di “code as law”.

L’evoluzione successiva ha visto la crescita di organizzazioni internazionali, quali l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), impegnate nel fornire orientamenti per la gestione delle questioni commerciali e di sicurezza legate all’Internet. Normative recenti, come il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) dell’Unione Europea, riflettono l’attenzione crescente sulla privacy e la protezione dei dati nell’era digitale. La dottrina contemporanea, con contributi da autori come Viktor Mayer-Schönberger e Jonathan Zittrain, enfatizza la necessità di adattare il diritto all’evoluzione rapida delle tecnologie digitali.


  • Il Digital Millennium Copyright Act per rispondere alle nuove sfide

Il “Digital Millennium Copyright Act” (DMCA) è una legislazione statunitense che affronta questioni di diritto d’autore in relazione alle tecnologie digitali. Approvato nel 1998, il DMCA è una risposta alle sfide emergenti nel contesto della rivoluzione digitale, fornendo un quadro giuridico che bilancia la protezione del diritto d’autore con l’innovazione tecnologica.

Definizione e Finalità: Il DMCA si concentra principalmente su due aspetti cruciali: la limitazione della responsabilità degli Internet Service Provider (ISP) e l’introduzione di misure anti-circonvenzione. La legge mira a fornire un equilibrio tra gli interessi dei detentori di copyright e la promozione della crescita dell’economia digitale.

Limitazione della Responsabilità degli ISP: Il DMCA stabilisce il cosiddetto “safe harbor” per gli ISP, offrendo loro una protezione legale dalla responsabilità per le violazioni del diritto d’autore commesse dagli utenti attraverso le loro piattaforme. Per beneficiare di questo “safe harbor“, gli ISP devono adottare politiche e procedure per rimuovere prontamente i contenuti illeciti in risposta a notifiche di violazione del copyright da parte dei titolari dei diritti.

Misure Anti-Circonvenzione: Il DMCA proibisce la circonvenzione delle tecnologie di protezione del copyright (Digital Rights Management – DRM). Tuttavia, contempla eccezioni per attività come la ricerca, il reverse engineering e la sicurezza informatica, a condizione che tali attività non siano finalizzate all’effettuazione di violazioni del copyright.

Riferimenti Normativi: Le disposizioni relative al DMCA sono contenute principalmente nel Titolo 17 del Codice degli Stati Uniti, Sezioni 1201-1205 (Anti-Circonvenzione) e 512 (Safe Harbor). Consultare direttamente il testo del Codice degli Stati Uniti è essenziale per una comprensione dettagliata delle disposizioni normative del DMCA.

Fonti Ufficiali:

  1. U.S. Copyright Office: https://www.copyright.gov/
    • Il sito ufficiale dell’U.S. Copyright Office fornisce informazioni approfondite sul DMCA, compreso il testo completo della legge.
  2. U.S. Government Publishing Office (GPO): https://www.govinfo.gov/
    • La GPO è la fonte ufficiale per le pubblicazioni governative statunitensi e offre accesso al testo completo del DMCA e delle sue modifiche.

Definizioni ed Evoluzione del Diritto dell’Intelligenza Artificiale

Il diritto dell’IA, una disciplina più recente, si è sviluppato in risposta all’espansione dell’utilizzo dell’IA in vari settori. Definire il diritto dell’IA implica considerare questioni etiche, responsabilità civile e penale, nonché la tutela dei dati.

Le definizioni attuali riflettono la complessità di questo settore, incorporando elementi di normative tecnologiche, diritto contrattuale e protezione dei consumatori. Gli sforzi legislativi mirano a bilanciare l’innovazione tecnologica con la necessità di garantire trasparenza e responsabilità nelle decisioni automatizzate.

Negli ultimi decenni le definizioni  di intelligenza artificiale (AI) che si sono susseguite sono molteplici. Una delle definizioni che possiamo ricordare è quella di John McCarthy del 2004 , che la qualifica come”È la scienza e l’ingegneria della creazione di macchine intelligenti, in particolare di programmi informatici intelligenti.Si tratta di un compito simile a quello di utilizzare i computer per comprendere l’intelligenza umana, ma l’AI non deve limitarsi a metodi biologicamente osservabili.”

Più diffusamente sul tema v.

  1. https://www.ibm.com/it-it/topics/artificial-intelligence
  2. https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/society/20200827STO85804/che-cos-e-l-intelligenza-artificiale-e-come-viene-usata
  3. https://www.agendadigitale.eu/tag/intelligenza-artificiale/

Interconnessione tra Diritto dell’Internet e Diritto dell’IA

L’interconnessione tra il diritto dell’Internet e del dell’IA emerge chiaramente nelle sfide legate alla protezione dei dati. La raccolta, l’elaborazione e l’uso di dati personali attraverso l’IA richiedono una riflessione approfondita sulle norme di privacy dell’Internet.

Inoltre, la responsabilità degli intermediari, un concetto fondamentale nel diritto dell’Internet, assume una nuova dimensione quando si applica all’IA. La questione della responsabilità legale per decisioni automatizzate solleva interrogativi sulla definizione di colpa e negligenza nell’ambito dell’IA.

La convergenza tra i due settori si intensifica nella regolamentazione globale, con normative che cercano di affrontare simultaneamente le sfide legate all’Internet e all’IA. L’adozione di standard internazionali per la sicurezza informatica e la gestione dei dati evidenzia l’interdipendenza di questi due ambiti giuridici.

  • Conclusioni

In sintesi, abbiamo visto le Definizioni del Diritto di Internet e dell’Intelligenza Artificiale, che sono intrinsecamente legate, con le sfide di uno che impattano sull’altro. Affrontare tali questioni richiede un approccio interdisciplinare e una collaborazione internazionale per garantire una regolamentazione efficace e adattabile all’evoluzione tecnologica. L’armonizzazione di normative e trattati internazionali rappresenta una prospettiva chiave per il futuro, insieme alla promozione di un quadro giuridico che sia al passo con l’innovazione digitale.

 

Luana Fierro

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Le prime definizioni di privacy

Con questo articolo inizieremo ad analizzare l’evoluzione delle definizioni di privacy, esaminando le prime concezioni del concetto e tracciando la loro trasformazione fino alle definizioni più attuali. In particolare, si esplora il percorso intrapreso dal concetto di tutela della privacy nel contesto tecnologico e digitale. Attraverso una revisione esaustiva delle fonti, vedremo come la comprensione di privacy si sia evoluta nel corso del tempo, evidenziando i contributi chiave che hanno plasmato la definizione moderna del termine.

Definizioni iniziali di Privacy

La concezione moderna del termine privacy ha inizio nel XVIII secolo con il concetto di “diritto all’isolamento” proposto da Samuel Warren e Louis Brandeis nel loro celebre articolo del 1890, “The Right to Privacy.” In questa prospettiva, la privacy veniva intesa come il diritto di essere lasciati soli, senza interferenze indesiderate da parte di terzi.

L’influente articolo di Louis Brandeis e Samuel Warren, “The Right to Privacy“, fu pubblicato sulla Harvard Law Review nel 1890. Questo articolo è considerato una pietra miliare nello sviluppo della legge sulla privacy negli Stati Uniti e ha avuto un impatto duraturo sul diritto legale e dulla comprensione del diritto alla privacy.

Brandeis e Warren hanno scritto l’articolo per analizzare i rapidi progressi della tecnologia e la crescente intrusione nella vita privata delle persone. Sostenevano che la legge avrebbe dovuto riconoscere e proteggere il diritto dell’individuo a essere lasciato solo e a godere della solitudine senza interferenze ingiustificate.

Nel “The Right to Privacy” furono approfonditi i seguenti concetti:

  • Il concetto di privacy come diritto:

Brandeis e Warren hanno articolato l’idea che il diritto alla privacy è un diritto fondamentale inerente al concetto di libertà. Sostenevano che gli individui dovrebbero avere la libertà di controllare le proprie informazioni personali ed essere protetti da intrusioni ingiustificate.

  • Protezione contro pettegolezzi e sensazionalismo:

Gli autori hanno espresso preoccupazione per l’emergente giornalismo scandalistico e il sensazionalismo, che stavano invadendo la vita privata degli individui per l’intrattenimento pubblico. Hanno sottolineato la necessità di tutele legali contro la pubblicazione di dettagli privati, spesso osceni, sulla vita delle persone senza il loro consenso.

  • Tecnologia e invasione della privacy:

L’articolo discuteva di come i progressi tecnologici, in particolare nel campo della fotografia e del giornalismo, stessero contribuendo all’erosione della privacy. Gli autori prospettavano il potenziale danno derivante dall’abuso e sostenevano l’adozione di misure legali per frenare l’uso improprio della tecnologia nella violazione della privacy degli individui.

  • Diritto di essere lasciati soli:

Una frase su cui focalizzarsi dell’articolo è “il diritto di essere lasciati soli” –  “the right to be let alone“. Tale affermazione racchiude l’essenza della loro tesi: gli individui hanno il diritto di essere liberi da intrusioni indesiderate nei loro affari privati e nel loro spazio personale.

Nel breve periodo l’articolo non ha creato un’immediata rivoluzione giuridica, ma è stato fondamentale perché ha gettato le basi per lo sviluppo della legge sulla privacy negli Stati Uniti.

Nel corso del tempo, i principi delineati da Brandeis e Warren hanno influenzato le decisioni dei tribunali e le dottrine legali relative al diritto alla privacy. Ancora oggi le affermazioni presenti in “The Right to Privacy” sono considerate rilevanti nelle discussioni contemporanee sulla privacy digitale, sulla sorveglianza e sulle sfide poste dall’avanzamento delle tecnologie.

Dott.ssa Luana Fierro

Note

per visionare l’articolo “The Right to Privacy” aprire il seguente link: https://www.jstor.org/stable/1321160?seq=1

Più diffusamente sulla privacy nell’UE cliccare sul seguente link: https://digital-strategy.ec.europa.eu/it

Più diffusamente sul diritto dell’Unione Europea analizzato in questo sito v. https://www.webcomparativelaw.eu/law-of-the-european-union-2/

 

Il Revenge Porn nella normativa italiana

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Il Revenge Porn nella normativa italiana

In questo breve articolo andremo ad analizzare il fenomeno del Revenge Porn e vedremo in che modo sono tutelati i soggetti nella normativa italiana.

Il fenomeno del revenge porn rappresenta una grave violazione della privacy e un’azione dannosa che può avere conseguenze devastanti per le vittime coinvolte.

Tutti hanno il diritto di veder tutelata la propria riservatezza, la libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale, l’integrità individuale e la reputazione, laddove abbiano trasmesso propri scatti o video erotici a soggetti di cui si fidavano e non abbiano autorizzato la cessione degli stessi a soggetti terzi.

In Italia, norme ben precise cercano di contrastare e prevenire questa forma di abuso intimo online, al fine di garantire una tutela giuridica alle vittime.

In questo articolo, esploreremo brevemente il revenge porn, le leggi italiane pertinenti e le fonti legali che ne regolamentano la trattazione.

Il revenge porn si verifica quando immagini o video intimi di una persona vengono diffusi senza il consenso della stessa, spesso con l’intento di recare danno alla reputazione o causare disagio emotivo. In Italia, il diritto penale considera tale pratica come reato rientrante nell’ambito della violazione della privacy e diffamazione.

Dal 2019 è l’articolo 612-ter del Codice Penale che si occupa della:

Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.

La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.”

E’ quindi il Codice Penale italiano il punto da cui partire in materia di revenge porn. Le pene che prevede sono particolarmente severe, tra le stesse l’arresto fino a sei anni, per chiunque diffonda immagini o video di natura sessuale senza il consenso della persona coinvolta. Viene protetto anche il soggetto che inizialmente autorizza l’uso del materiale che poi viene utilizzato in modo illegittimo.

Alle tematiche in analisi si applica anche la Legge 71/2017, legge contro il cyberbullismo. Essa ha provato a rafforzare la tutela delle vittime di revenge porn.Recentemente anche il Garante per la Protezione dei Dati Personali è intervenuto al fine di rafforzare concretamente la tutela delle vittime, http://www.garanteprivacy.it/temi/revengepornIl Grante in primis ricorda di muoversi con consapevolezza e prudenza, al fine di evitare che dati personali ed a carattere strettamente personali possano essere immessi nel circuito di messaggistica e social network, dove una volta entrati sfuggono facilmente ad ogni controllo e possibilità di cancellazione definitiva. Inoltre l’Autorità raccomanda di proteggere i dati personali presenti nei propri dispositivi (smartphone, pc o tablet), tramite adeguate misure di sicurezza: password che proteggono i dispositivi e/o le cartelle in cui sono collocati i file, sistemi di crittografia per rendere illeggibili i file agli altri, sistemi anti-virus e anti-intrusione per i dispositivi.Infine, nel momento in cui un soggetto abbia un fondato timore che immagini a contenuto sessualmente esplicito possano essere diffuse senza il suo consenso, può presentare una segnalazione al Garante ai sensi degli art. 144-bis del Codice in materia di protezione dei dati personali e 33-bis del regolamento n. 1/2019 del Garante, utilizzando l’apposito form disponibile al seguente link http://servizi.gpdp.it/diritti/s/revenge-porn-scelta-auth

Nel modulo dovranno essere indicate le piattaforme di condivisione dei contenuti (social network, messaggistica, ecc.) attraverso le quali si teme la diffusione, le ragioni che fondano il timore che la condotta pregiudizievole possa essere posta in essere.In conclusione, non possiamo che dire che la consapevolezza di ognuno di noi e la continua vigilanza legale sono essenziali per garantire un ambiente online sicuro e rispettoso dei diritti individuali, propri e degli altri. Il Revenge Porn nella normativa italiana dispone oggi di tutele potenzialmente molto alte, bisogna però attivarsi per consentire alle norme di essere operative, e colpire chi viola la privacy e la riservatezza dei soggetti interessati.

Molto probabilmente grazie all’intelligenza artificiale presto potrebbe essere anche più semplice individuare video personali non autorizzati presenti nel web, ma in attesa che questo diventi possibile – sarà un qualcosa di difficilissimo da regolamentare – ognuno di noi dovrà essere vigile scrupoloso delle proprie vicende.Ricordatevi infine che agire per proteggere i propri diritti è sempre preferibile, e non si può lasciare che tutto sia rimesso al caso. Non si può sperare non accada nulla di pregiudizievole, soprattutto perché sono previste sanzioni e pene severe verso i trasgressori, le quali laddove si individua il reato devono essere applicate.

Dott.ssa Luana Fierro

 

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Il rapporto tra l’Intelligenza Artificiale (IA) e la tutela del diritto alla privacy è una questione cruciale nell’era che stiamo vivendo. Le normative come il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) https://www.garanteprivacy.it/il-testo-del-regolamento dell’Unione Europea, o leggi nazionali come il California Consumer Privacy Act (CCPA) negli Stati Uniti https://oag.ca.gov/privacy/ccpa, sono fondamentali per regolare il trattamento dei dati personali.

L’IA utilizza enormi quantità di dati – anche a carattere strettamente personale – per apprendere e migliorare le sue capacità, ma questo solleva preoccupazioni sulla privacy. Il GDPR, ad esempio, stabilisce regole specifiche sul trattamento dei dati personali, richiedendo consenso esplicito, trasparenza nell’uso dei dati e il diritto all’oblio. Queste disposizioni si scontrano a volte con l’utilizzo dell’IA, poiché il suo funzionamento si basa su dati dettagliati e talvolta sensibili, il cui uso non è autorizzato in modo indiscriminato.

La difficoltà maggiore è bilanciare l’innovazione dell’IA con la protezione della privacy. E’ sempre più difficile pensare che la privacy non debba essere sacrificata in parte, perché tutelarla appieno non consente di favorire lo sviluppo dell’IA. Molti vorrebbero norme più rigide per preservare i diritti individuali.

Il ruolo dell’UE e delle istituzioni è cruciale nel definire linee guida chiare per garantire che l’IA rispetti i diritti alla privacy, che devono potersi adattare alle nuove sfide poste dall’evoluzione dell’IA, che se non sono ancora quotidiane poco ci manca! Bisognerà proteggere gli individui senza limitare troppo l’innovazione tecnologica.

Di contrappeso bisogna valutare che l’IA stessa può essere utilizzata per migliorare la tutela della privacy, ad esempio mediante algoritmi predisposti all’anonimizzazione dei dati, o all’individuazione di potenziali violazioni della privacy.

In conclusione, il rapporto tra l’IA e la tutela della privacy non è definibile a priori, e le normative devono adattarsi di continuo alle novità per bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione dei diritti fondamentali degli individui. Non si può pensare neppure ad una regolamentazione ad unico binario del settore, ma è necessario un continuo dialogo tra istituzioni ed addetti del settore, per affrontare al meglio le sfide presentate dall’IA senza compromettere la privacy degli individui.

 

Più diffusamente: https://www.webcomparativelaw.eu/category/intelligenza-artificiale-e-tutela-della-privacy/

Green Pass aggiornamenti al 25 maggio 2021 Ancora troppi dubbi sul QR CODE

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Ci sono ancora molti dubbi sul Green Pass e le sue modalità operative.

Esso doveva entrare in vigore a metà maggio, ma maggio sta finendo e le questioni oscure sono tante! Il QR Code non è pronto.
Da comparatista in questo video vado a fare il punto della situazione! Ovviamente non intendo fornire risposte ma darvi domande!
Se seguiamo quanto sostiene il Garante per il Trattamento dei Dati Personali non avremo difficoltà a comprendere perché va rivisto lo strumento immaginato dal governo. Cercherò di farvi capire perché.
Il Garante chiede che si eviti un trattamento di dati sovrabbondanti, e che gli stessi siano messi con troppa facilità in mano a dei privati, perché poi diviene difficile occuparsi del loro controllo.
Stiamo parlando dei dati di milioni di individui e di diritti fondamentali.
Nessuno chiede di non “lanciare” questo strumento, ma di farlo nel modo giusto si! Per esempio nell’interesse dei trattamenti dei dati personali si sta chiedendo chiarezza nelle procedure, e di dichiarare chi avrà il diritto di visionare e trattare tali dati, oltre che per quanto tempo!
Al momento il quadro è oscuro, si attende l’evolversi degli eventi e delle comunicazioni ufficiali.
Particolarmente dubbia è anche la dichiarazione che riporta l’APP Immuni in primo piano!

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Matrimonio in Turchia

Matrimonio in Turchia
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Per comprendere il modo in cui è stato regolamentato il matrimonio in Turchia non si può prescindere dalla religione, e molteplici sono le norme da considerare.

https://help.unhcr.org/turkiye/social-economic-and-civil-matters/marriage-and-divorce/

https://tr.usembassy.gov/u-s-citizen-services/child-family-matters/marriage/