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Il caso Marbury v. Madison (1803) ha segnato una svolta cruciale nella storia del diritto costituzionale statunitense, introducendo il principio di judicial review. In questa controversia, la Corte Suprema, presieduta dal Chief Justice John Marshall, stabilì il potere del sistema giudiziario di dichiarare incostituzionali leggi o atti amministrativi incompatibili con la Costituzione. Questo caso pose la Costituzione come norma suprema e la Corte Suprema come arbitro finale della sua interpretazione.

La disputa originava dal mancato invio della notifica a William Marbury per la sua nomina a giudice di pace, formalizzata durante l’amministrazione del presidente uscente John Adams. Il nuovo segretario di Stato, James Madison, rifiutò di notificare la nomina, generando un ricorso alla Corte.

 

Marshall riconobbe che Marbury aveva diritto alla notifica della sua nomina, ma dichiarò incostituzionale la sezione del Judiciary Act del 1789 che attribuiva alla Corte Suprema la competenza a emettere ordini di tale natura. Questo ragionamento consentì alla Corte di consolidare la sua autorità senza entrare in conflitto diretto con l’amministrazione Jefferson (fonti: Massime dal Passato, Constitution Annotated).

Questa sentenza ha fondato il principio di gerarchia delle norme negli Stati Uniti: al vertice la Costituzione, seguita da leggi federali e statali subordinate. Essa ha rafforzato il ruolo della magistratura come garante dell’ordine costituzionale e ha influenzato profondamente l’evoluzione del sistema legale americano (fonti: Britannica, Legal Information Institute).

Vediamo ora i due testi normativi entrati in conflitto e che hanno costituito il cuore della decisione della Corte Suprema.

  1. La Costituzione degli Stati Uniti
    L’articolo III, sezione 2, della Costituzione stabilisce che la Corte Suprema ha competenza originale (cioè di primo grado) solo per determinate categorie di casi. Tali casi includono, ad esempio, controversie che coinvolgono ambasciatori, altri ministri pubblici, consoli, e quelle in cui uno Stato è parte. Per tutte le altre questioni, la Corte Suprema esercita giurisdizione d’appello, ovvero può intervenire solo dopo che un caso è stato deciso in tribunali inferiori (fonti: Cornell Law School e Constitution Annotated).
  2. Lo Judiciary Act del 1789
    La sezione 13 del Judiciary Act del 1789 conferiva alla Corte Suprema la facoltà di emettere ordini di mandamus (provvedimenti giudiziari per obbligare un funzionario pubblico ad adempiere un dovere legale) come parte della sua competenza originale. Questa disposizione consentiva quindi a persone come William Marbury di rivolgersi direttamente alla Corte Suprema per ottenere tali ordini (fonti: Britannica e Legal Information Institute).

Il conflitto

La Corte Suprema, presieduta dal Chief Justice Marshall, rilevò che la sezione 13 del Judiciary Act violava la Costituzione, poiché ampliava la giurisdizione originale della Corte oltre i limiti previsti dall’articolo III. Marshall dichiarò incostituzionale la sezione del Judiciary Act e stabilì il principio per cui, in caso di conflitto tra una legge ordinaria e la Costituzione, prevale quest’ultima.

Questa decisione ha confermato il ruolo della Corte Suprema come garante della supremazia costituzionale, gettando le basi per il principio della judicial review (fonti: Massime dal Passato, Constitution Annotated).

Dott.ssa Luana Fierro

Note: più diffusamente sul common law v. https://www.webcomparativelaw.eu/category/common-law/

 

 

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Le prime definizioni di privacy

Con questo articolo inizieremo ad analizzare l’evoluzione delle definizioni di privacy, esaminando le prime concezioni del concetto e tracciando la loro trasformazione fino alle definizioni più attuali. In particolare, si esplora il percorso intrapreso dal concetto di tutela della privacy nel contesto tecnologico e digitale. Attraverso una revisione esaustiva delle fonti, vedremo come la comprensione di privacy si sia evoluta nel corso del tempo, evidenziando i contributi chiave che hanno plasmato la definizione moderna del termine.

Definizioni iniziali di Privacy

La concezione moderna del termine privacy ha inizio nel XVIII secolo con il concetto di “diritto all’isolamento” proposto da Samuel Warren e Louis Brandeis nel loro celebre articolo del 1890, “The Right to Privacy.” In questa prospettiva, la privacy veniva intesa come il diritto di essere lasciati soli, senza interferenze indesiderate da parte di terzi.

L’influente articolo di Louis Brandeis e Samuel Warren, “The Right to Privacy“, fu pubblicato sulla Harvard Law Review nel 1890. Questo articolo è considerato una pietra miliare nello sviluppo della legge sulla privacy negli Stati Uniti e ha avuto un impatto duraturo sul diritto legale e dulla comprensione del diritto alla privacy.

Brandeis e Warren hanno scritto l’articolo per analizzare i rapidi progressi della tecnologia e la crescente intrusione nella vita privata delle persone. Sostenevano che la legge avrebbe dovuto riconoscere e proteggere il diritto dell’individuo a essere lasciato solo e a godere della solitudine senza interferenze ingiustificate.

Nel “The Right to Privacy” furono approfonditi i seguenti concetti:

  • Il concetto di privacy come diritto:

Brandeis e Warren hanno articolato l’idea che il diritto alla privacy è un diritto fondamentale inerente al concetto di libertà. Sostenevano che gli individui dovrebbero avere la libertà di controllare le proprie informazioni personali ed essere protetti da intrusioni ingiustificate.

  • Protezione contro pettegolezzi e sensazionalismo:

Gli autori hanno espresso preoccupazione per l’emergente giornalismo scandalistico e il sensazionalismo, che stavano invadendo la vita privata degli individui per l’intrattenimento pubblico. Hanno sottolineato la necessità di tutele legali contro la pubblicazione di dettagli privati, spesso osceni, sulla vita delle persone senza il loro consenso.

  • Tecnologia e invasione della privacy:

L’articolo discuteva di come i progressi tecnologici, in particolare nel campo della fotografia e del giornalismo, stessero contribuendo all’erosione della privacy. Gli autori prospettavano il potenziale danno derivante dall’abuso e sostenevano l’adozione di misure legali per frenare l’uso improprio della tecnologia nella violazione della privacy degli individui.

  • Diritto di essere lasciati soli:

Una frase su cui focalizzarsi dell’articolo è “il diritto di essere lasciati soli” –  “the right to be let alone“. Tale affermazione racchiude l’essenza della loro tesi: gli individui hanno il diritto di essere liberi da intrusioni indesiderate nei loro affari privati e nel loro spazio personale.

Nel breve periodo l’articolo non ha creato un’immediata rivoluzione giuridica, ma è stato fondamentale perché ha gettato le basi per lo sviluppo della legge sulla privacy negli Stati Uniti.

Nel corso del tempo, i principi delineati da Brandeis e Warren hanno influenzato le decisioni dei tribunali e le dottrine legali relative al diritto alla privacy. Ancora oggi le affermazioni presenti in “The Right to Privacy” sono considerate rilevanti nelle discussioni contemporanee sulla privacy digitale, sulla sorveglianza e sulle sfide poste dall’avanzamento delle tecnologie.

Dott.ssa Luana Fierro

Note

per visionare l’articolo “The Right to Privacy” aprire il seguente link: https://www.jstor.org/stable/1321160?seq=1

Più diffusamente sulla privacy nell’UE cliccare sul seguente link: https://digital-strategy.ec.europa.eu/it

Più diffusamente sul diritto dell’Unione Europea analizzato in questo sito v. https://www.webcomparativelaw.eu/law-of-the-european-union-2/

 

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Matrimonio in Turchia

Matrimonio in Turchia
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Per comprendere il modo in cui è stato regolamentato il matrimonio in Turchia non si può prescindere dalla religione, e molteplici sono le norme da considerare.

https://help.unhcr.org/turkiye/social-economic-and-civil-matters/marriage-and-divorce/

https://tr.usembassy.gov/u-s-citizen-services/child-family-matters/marriage/

 

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Abiti difettosi e tutela del consumatore

Ignoranza o intenzionalità?

In data 6 gennaio, ho ricevuto in regalo un capo di abbigliamento acquistato presso il punto vendita Hey Dey di Campobasso (HEYDEY, FASCHION GROUP srl, Via Mazzini n. 61/63, 86100 Campobasso). Lo stesso giorno mi sono recata presso il punto vendita per sostituire il capo che risultava di taglia sbagliata (un cappottino), e data l’assenza della taglia richiesta, ho scelto un capo differente: una tuta bianca e nera (vedere foto).

Visto e considerato che il primo capo costava € 25,00 e la tuta 27.99, ho aggiunto la differenza di € 2,99.

Dopo alcuni giorni, ho lavato il capo perché avrei voluto indossarlo.

Dopo aver preso visione dell’etichetta interna al capo, l’unica contenente istruzioni per il lavaggio, e rilevato la possibilità di lavarlo a 20C°, procedevo al lavaggio all’interno di in una bacinella, con sapone neutro ed acqua fredda.

Al termine del lavaggio il capo mostrava la parte superiore, che inizialmente era bianca, ingrigita.

Molteplici sono stati i tentativi di sbiancarlo: sapone di marsiglia, strofinamenti ripetuti…l’effetto è stato solo quello riuscire a far scaricare un po’ di grigio alla tuta.

Alla luce di tutto questo, ho deciso di contattare il Servizio Clienti del negozio per avere qualche chiarimento e far presente l’accaduto.

Purtroppo l’azienda non ha un sito web, non ha un servizio consumatori individuabile, ma ha solo una pagina Facebook Hey Dey, una pagina Facebook Hey Dey Campobasso, ed una pagina Facebook Hey Dey Vairano. Ho provato a contattare la pagina FB Hey Dey, per ben due volte, ma ho solo ottenuto una risposta automatica.

A questo punto non restava che tornare nel punto vendita.

In data 20 gennaio sono tornata presso Hey Dey di Via Mazzini per far presente che il capo poteva essere difettoso, in quanto pur avendolo lavato in acqua fredda, esso si era macchiato – la parte bassa ha “contagiato” la parte bassa – e è diventato inutilizzabile: un grigio spento neppure uniforme.

A questo punto ho chiesto la sostituzione del prodotto con uno non difettoso, che non scaricasse colore in fase di lavaggio.

L’addetta alla vendita, una volta individuata la problematica ha contattato telefonicamente la responsabile, che non era presente nel punto vendita, e le ha fatto presente la questione.

La responsabile ha deciso di agire ignorando completamente la normativa a tutela del consumatore, come non fosse mai esistita. In pratica avrei dovuto tenere il capo difettoso, punto e basta! Un calcio a tutta la normativa sulla tutela del consumatore! E’ entusiasmante rilevare quanta considerazione abbia un cliente all’interno di questo punto vendita!

Tra l’altro avevo dimenticato di far presente che se avessi indossato il vestito senza lavarlo, avendo questi la capacità di perdere colore, esso avrebbe potuto rilasciare sostanze coloranti sulla mia pelle, ed un prodotto sicuro non dovrebbe fare questo!

Il produttore, laddove non potesse evitare una tale situazione, dovrebbe inserire un messaggio chiaro su un’etichetta, o un targhettino. Bisogna informare il cliente dell’esistenza di eventuali rischi a danno di persone o cose!

A quel punto le addette alla vendita hanno argomentato sostenendo che l’articolo avrebbe dovuto essere lavato velocemente, non sostare in una bacinella. In effetti io un po’ l’ho lasciato nella bacinella, ma questo dove è scritto? Chi avrebbe dovuto dirmelo? A me nessuno ha detto nulla in fase di acquisto!

Spesso ho letto etichette di articoli utilizzate per far presente il rischio di rilascio di colore in fase di lavaggio, o su abiti chiari indossati, ho letto etichette che consigliano di fare un primo lavaggio di un articolo con sale grosso, per fissare colori non ancora “raffinati”….

Nel mio caso nulla è scritto da nessuna parte, né le addette alla vendita mi hanno informata dei rischi!

Tra l’altro, un prodotto di media qualità non dovrebbe perdere colore così facilmente! Se il tessuto utilizzato per il nero ha un colore che non è stato fissato in fabbrica, lo stesso non può essere cucito insieme ad un tessuto bianco, che non è staccabile e deve essere lavato in blocco con la parte nera.

In conclusione:

  • sono state seguite le indicazioni relative al lavaggio: 20 C°;
  • il capo potrebbe essere pericoloso perché è in grado di rilasciare pigmenti di colore non segnalati,
  • sicuramente il capo è difettoso ed allo stato attuale è inutilizzabile per colpa non mia!

Il rivenditore Hey Dey di Campobasso dovrebbe sostituire l’articolo, o consentirmi la risoluzione del contratto, perché questo consentono le norme a tutela del consumatore!

A questo punto posso complimentarmi con la politica del punto vendita, che preferisce agire ignorando il problema!

 

Indicherò, di seguito, le norme poste a fondamento delle mie pretese.

 

Normativa

Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti

Articolo 2 lett. B, lett. C:

“b) «prodotto sicuro»: qualsiasi prodotto che, in condizioni di uso normali o ragionevolmente prevedibili, compresa la durata e, se del caso, la messa in servizio, l’installazione e le esigenze di manutenzione, non presenti alcun rischio oppure presenti unicamente rischi minimi, compatibili con l’impiego del prodotto e considerati accettabili nell’osservanza di un livello elevato di tutela della salute e della sicurezza delle persone, in funzione, in particolare, degli elementi seguenti:

i) delle caratteristiche del prodotto, in particolare la sua composizione, il suo imballaggio, le modalità del suo assemblaggio e, se del caso, della sua installazione e della sua manutenzione;

ii) dell’effetto del prodotto su altri prodotti, qualora sia ragionevolmente prevedibile l’utilizzazione del primo con i secondi;

iii) della presentazione del prodotto, della sua etichettatura, delle eventuali avvertenze e istruzioni per il suo uso e la sua eliminazione nonché di qualsiasi altra indicazione o informazione relativa al prodotto;

iv) delle categorie di consumatori che si trovano in condizione di rischio nell’utilizzazione del prodotto, in particolare dei bambini e degli anziani. La possibilità di raggiungere un livello di sicurezza superiore o di procurarsi altri prodotti che presentano un rischio minore non costituisce un motivo sufficiente per considerare un prodotto come «non sicuro» o «pericoloso»;

c) «prodotto pericoloso»: qualsiasi prodotto che non risponda alla definizione di «prodotto sicuro» di cui alla lettera b);”

(Il prodotto, rilasciando pigmenti di colore, potrebbe essere pericoloso per la salute umana, bisognerebbe verificare se siamo sotto o sopra la soglia tollerata dalle normative).

 

Direttiva 85/374/CEE: responsabilità sul prodotto

Articolo 6

“1 . Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui : a) la presentazione del prodotto, b) l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, c) il momento della messa in circolazione del prodotto.”

 

Codice del Consumo – Italia – ARTICOLO N.130 (1) – Diritti del consumatore

“1. Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità’ esistente al momento della consegna del bene.

2. In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9.

3. Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro.”

 

ARTICOLO N.132 – Termini

“1. Il venditore è responsabile, a norma dell’articolo 130, quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene.

2. Il consumatore decade dai diritti previsti dall’articolo 130, comma 2, se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o lo ha occultato.

3. Salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.

4. L’azione diretta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene; il consumatore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può tuttavia far valere sempre i diritti di cui all’articolo 130, comma 2, purché il difetto di conformità sia stato denunciato entro due mesi dalla scoperta e prima della scadenza del termine di cui al periodo precedente.

5. Ai fini di cui al comma 3 è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto:

a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;

b) dell’entità del difetto di conformità;

c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.

6. Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene.

7. Le spese di cui ai commi 2 e 3 si riferiscono ai costi indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d’opera e per i materiali.

8. Il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:

a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;

b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5;

c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.

9. Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene.

10. Dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti:

a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto;

b) qualora il consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo.

11. Un difetto di conformità di lieve entità’ per il quale non è stato possibile o è eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non da diritto alla risoluzione del contratto.”

 

DOMANDA FINALE

Procediamo per vie legali?

Sicuramente dovremo pubblicizzare l’accaduto affinché tutti i consumatori comprendano i rischi che corrono acquistando in quel negozio!

Considerando poi che siamo nell’era dei Social Media, credo sia opportuno diffondere le immagini relative al prodotto!

 

NEI GIORNI SUCCESSIVI

“Nei giorni successivi sono riuscita ad entrare in contatto con l’azienda FASCHION GROUP srl, dopo aver rintracciato la loro PEC. Il responsabile alle vendite si è detto rammaricato per lo spiacevole inconveniente, e mi ha chiesto di riportare il capo al punto vendita di Campobasso, per consentire all’Azienda di agire nei confronti dei propri fornitori. Infine il responsabile ha acconsentito alla risoluzione del contratto.

La migliore soluzione a questo spiacevole inconveniente.

Non mi resta che ringraziare la HEYDEY, FASCHION GROUP srl, Via Mazzini n. 61/63, 86100 Campobasso, che ha optato per la soluzione più giusta ed ha dimostrato che la soddisfazione del cliente e la tutela del consumatore è un punto fermo.

Ricordatevi sempre di far valere i vostri diritti!”

 

Dott.ssa Luana Fierro

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PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

Ho iniziato a lavorare a questo progetto quasi per gioco, mentre sistemavo materiali elaborati nel corso delle mie ricerche.

Nella convinzione che tramite il web molte distanze si sono accorciate, non solo quelle fisiche ma anche quelle mentali, ho deciso di avviare un Sito Web che potesse accorciare quelle distanze che condizionano molti studenti nella fase di approccio ad una nuova materia.

Ho immaginato di mettere a disposizione degli interessati materiali idonei a semplificare l’accesso alla materia, puntando soprattutto sulle slide.

Nel contempo ho immaginato di utilizzare l’immagine per dimostrare agli utenti che il diritto comparato non è qualcosa di etereo, ma in fondo è qualcosa che riguarda tutti i posti del mondo, e chi ama il mondo non può rinunciare a scoprirlo.

Luana Fierro
Curriculum